cielo morbidoLa bellezza sta negli occhi di chi guarda. Che è un modo di dire che la percezione del bello è altamente soggettiva.

Se da una parte viene da smentire, perché un panorama di montagna o un alba al mare sono assolutamente belli, è vero anche che ci sono persone che non apprezzano queste meraviglie.

Faccio mio questo concetto e lo applico alla guida in motocicletta; da tempo mi ero disaffezionato ai giri in moto.

Avendo percorso più di 250.000 km principalmente al nord Italia, erano ormai pochi i posti in cui non fossi passato diverse volte.

Cambiando motocicletta un anno fa ho provato a ripetere alcuni di questi giri per vedere che tipo di sensazioni il nuovo mezzo mi potesse dare.

E la bellezza è stata tanta. Ma tanta tanta.

Andiamo per ordine. Da Seveso a Mantova ci sono un’ora e mezza di autostrada andando sempre al massimo della velocità che il Cds permette, ma io sono alternativo e ci ho messo quasi otto ore.

Un percorso senza storia quello fino a Sondrio, fatto di superstrade e statali. Da li però mi sono diretto verso il passo dell’Aprica e la prima sorpresa è stata l’efficacia della mia moto su quella strada.

Parzialmente bagnata, in ombra, rattoppata in alcuni tratti. Ma la mia moto digeriva senza scomporsi le imperfezioni, e la curva una volta impostata dava gli esiti sperati dalla traiettoria disegnata con lo sguardo.

Le gomme tenevano molto bene, il motore spingeva molto bene.

Arrivo all’Aprica, e mi ritrovo una fantastica temperatura di 19 gradi, un bel sole intenso e tante persone sui marciapiedi, la cittadina brulicante di vita e di colori.

Macchine e moto sfilano lentamente in una strada che ha striscie pedonali ogni venti metri.

Mi fermo qualche minuto, sistemo la actioncam e riparto verso il Tonale.

Il primo pezzo è veloce e poco tortuoso. Troppo veloce: dei personaggi con delle hyper motard percorrono a 120 orari le strade di montagna, e li lascio andare.

Quando però la strada si inerpica verso il passo, le curve si raggrinziscono e diventano tonde e gustose, da fare in terza con il bicilindrico che spara fuori dai tornanti come una fionda.

Arrivo al passo. Tante tante moto, più che le macchine.

E assortite, non ci sono solo GS. Un bel freschetto, qualche nuvola raffresca l’aria e arrivano sbuffi di vento che fanno evaporare il sudore da sotto la giacca.

Riprendo il passo andando verso la Val di Non e dopo qualche chilometro comincia un percorso bellissimo, asfalto perfetto, strada larga e grande visibilità. Traffico accettabile, e curve da un raggio largo e costante.

Ma anche qualche S, e in un caso una serpentina che ricorda lo slalom di una sciatore durante una discesa di Coppa del mondo.

L’appoggio è fenomenale, la moto non si scompone, gratto il cavalletto a destra e a sinistra.

Bello, bellissimo… da rifare.

Giro la moto e ritorno verso il passo, mi godo ancora queste curve anche se c’è un po’ di traffico… e ritorno indietro un’altra volta.

Adesso so dov’è la serpentina, la percorro ancora più selvaggiamente, quasi percuotendola.

Il resto fino a Marilleva è comunque fatto di curve gustose, ma più veloci.

Il tutto con prati verdi, cielo blu, alberi smeraldo intenso.

Piccoli paesini attraversati, un gruppo di ragazzini che mi chiede di sgasare (lo faccio) e di impennare (fossi matto).

Arrivo a Cles, altro tratto con un costone di roccia sulla destra e un tracciato che invita ad aumentare il ritmo.

In un attimo sono sul fondovalle e arrivo a Rovereto, percorrendo una calda statale.

A Rovereto faccio benzina, e quando riparto l’aria fa evaporare il sudore accumulato.

Tornanti stretti in salita lungo la strada scavata dal torrente Leno, la Vallarsa.

Bella ma… me la ricordavo diversa. Sono passati più di dieci anni.. ma.. torno indietro.

Bivio.. e percorro la destra Leno.

Adesso ci siamo! Appena dopo il fantastico Eremo di San Colombano, eretto dentro una nicchia di roccia, la strada si fa contorta, perversa, sensuale.

Non ci sono paesini, turisti. Poco traffico. Un percorso lungo, con qualche frazioncina di due case.

Il paesaggio è bello, scarno, essenzialmente montano.

Ma io sento l’aroma della benzina, la vibrazione del motore, il dolore delle gomme.

La vita del motore attraverso le gambe, le braccia, trasmessa dalle pedane, fin sulla sella e alle mani.

La tenuta di strada è fantastica, il motore permette tutto, uso i freni giusto per rallentare e il resto si fa con il comando del gas. Apri, e apre la curva.

Chiudi, e chiude la curva.

Arrivo a Foxi, dove mi fermo a salutare Paolo Fox, titolare di un albergo molto particolare.

Primo, è come un isola nel mare: unica attività turistica nel giro di chilometri di curve e boschi.

Secondo, è un appassionato di moto, ne ha tre.

Terzo, la sua clientela è quasi esclusivamente tedesca ed austriaca. Due ospiti italiani in sei mesi la dicono lunga su come apprezziamo in modo diverso le qualità del nostro paese.

Mi sono fermato anche io a dormire e a cenare qui, e mi ricordo di come Paolo riempia i tavoli mettendo 4 persone per tavolo anche se essi non sono compagni di viaggio.

Una convivenza forzata, fatta di motociclisti. Un po’ di inglese, e si fa amicizia.

Birra piccola, panino con lo Speck, stretta di mano e si riparte.

La strada a scendere ha un asfalto perfettibile, non invita ad andare forte.

Là in alto l’Ossario del Pasubio, a ricordo di chi cent’anni fa, ventenne, combatteva per un ideale.

Ragazzini stritolati da qualcosa di troppo grande per essere compreso ma vissuto con onore e fierezza, nonostante l’orrore.

Arrivato a Valli del Pasubio scendo dal Passo Xon. Nonostante il nome curioso la guida è divertente, zero traffico e boschi incontaminati mi portano fino a Recoaro.

Dalla famosa stazione Termale prendo la strada che mi porta fino a Castelvecchio per poi buttarmi in Lessinia.

Da Valdagno a Castelvecchio la strada è stretta ma pulita con un buon fondo. Si arrampica tra pratoni verdi e viste bucoliche, mi ricorda molto l’appennino parmense.

Mentre attraverso la Lessinia verso Ovest apprezzo la sensazione di esclusività… non ci sono altre moto e anche le macchine sono poche.

Molti boschi che si interrompono quando incontrano un paesino vivace e multicolore, per poi riperdersi nelle selve.

Questo luogo in autunno deve trasformarsi in qualcosa di magico. Girare da queste parti in motocicletta è poi ancora più soddisfacente perché le condizioni per divertirsi ci sono proprio tutte.

Mano a mano che scendo verso Verona il termometro continua a salire. In un attimo dai 25 ai 30, e sulla tangenziale 34 gradi, soffocanti.

Ripenso con nostalgia ai 18 gradi del Tonale, poche ore fa. E capisco perché quella folla all’Aprica…

Percorro la statale 12 dell’Abetone e non posso fare a meno di pensare a quel fantastico passo immerso nei boschi e riempito fino all’orlo di curve succulente.

Il navigatore mi butta in mezzo a piccole strade di collegamento campagnole, dove non incontro nessuna automobile e il sole che comincia a scendere regala un tocco di dolcezza alla campagna arroventata.

In poco arrivo in periferia a Mantova, e appena parcheggio la moto nel cortile della casa di mia cognata vedo il mio piccolo in costume, sotto le ascelle una ciambella, una bellissima cuffietta colorata in testa che dice “papà vieni in piscina?”

Mi spoglio sorridente, mi metto il costume e mi godo un’oretta in acqua con i miei bambini, pieno di felicità.

Nelle mani ancora le vibrazioni del motore, addominali, obliqui e dorsali indolenziti, e un sorriso da ebete stampato in faccia mentre gioco con i miei bimbi.

Felicità.